Chiesa Ss. Pietro e Paolo


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Dove si trova

Orari di apertura

La chiesa è aperta tutti i giorni secondo l'indicazione sottostante.

Mesi I II III IV V   IX X XI XII 8.00 - 18.00
Mois
Monate   VI VII VIII   8.00 - 20.00 
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Descrizione

Chierici di "Aviasca" sono menzionati in un codice dell'abbazia di Pfäfers intorno all'830. Nel XII secolo è documentata l'esistenza del capitolo e di un prevosto. La chiesa odierna risale al 1171. Subì rimaneggiamenti all'interno nel XVII e nel XVIII secolo che portarono variazioni al livello del pavimento, ai pilastri, alle finestre e alla coperture. L'architetto Alberto Camenzind tra gli anni 1955-1967 riportò l'edificio alle forme romaniche, sopprimendo quindi l'ossario e la sagrestia a nord.

Nata forse come chiesa battesimale sin dal secolo IX, essa fu ricostruita come chiesa a tre navate tra il secolo XII e XIII. Venne trasformata verso la metà del '600 quando venne realizzata la sopraelevazione del pavimento in lastre di pietra, la gradinata d'accesso e la costruzione della volta sulla navata maggiore; una modifica successive ha portato alla costruzione del protiro in facciata. I diversi cambiamenti non hanno tuttavia compromesso (anche grazie ai citati restauri) la sua uniformità stilistica.

L'aula a tre navate, di cui la centrale leggermente più alta (pseudobasilica), è conclusa da un'abside semicircolare. Il coro fortemente rialzato si appoggia direttamente sulla roccia sottostante, mentre la parte occidentale è costruita su un predisposto basamento. La parte anteriore dell'edificio è caratterizzata dal paramento murario in conci irregolari che contrastano con quelli dell'abside, tagliati con grande cura nella fase iniziale del cantiere. Anche la partitura architettonica delle pareti esterne non è unitaria; nell'abside e nel fianco sud: lesene e fregio d'archetti pensili; in facciata e nel fianco nord: grandi arcate cieche di sapore arcaico; nel timpano della facciata, oltre a una bifora, cinque arcate cieche e apertura cruciforme. Solamente alcune monofore del lato nord sono originali, mentre le altre sono frutto di una ricostruzione al posto delle finestre barocche.

Nell'angolo sud-est s'innalza l'imponente campanile a quattro piani ritmati da lesene ed archeggiatrure, con bifore e trifore all’ultimo piano e un alto tetto a padiglione cui si accede per una scala ad arco rampante del secolo XII. La facciata è preceduta da una scala a due rampe costruite nel 1685; il protiro è del 1732. All'esterno la chiesa palesa - con la sua struttura muraria in pietra - una sobria eleganza e testimonia una tecnica costruttiva alquanto raffinata (particolarmente sapiente è l'utilizzo dei conci in pietra nella realizzazione delle parti decorative). Il gigantesco San Cristoforo in facciata, ormai quasi illeggibile, è databile al secolo XIII.

L'ornamentazione interna

All'interno della chiesa colpisce la pendenza della pavimentazione in pietra, dovuta al fatto che il basamento che sostiene l'edificio non compensa interamente il dislivello naturale del declivio granitico sul quale esso è costruito. Le tre navate a sei campate sono scandite da coppie di pilastri; la quarta coppia, soppressa nel secolo XVII, fu rifatta durante il restauro. Alcuni scalini consentono di superare il dislivello del pavimento in lastre di granito ascendente su più livelli. Sul presbiterio e sui due muri laterali, nella sesta campata: volte a crociera costolonata, impostate su mensole. L'abside è voltata a calotta. Il ligneo soffitto a cassettoni delle tre navate è moderno e fu ideato dal pittore Pietro Salati (1920-1975) durante il restauro; per tipologia e colori si ispira a quello originale degli anni 1380-1420, di cui furono rinvenuti alcuni frammenti nel corso della demolizione delle laterali volte a botte e delle crociere della navata centrale d'epoca barocca.

Troviamo nella chiesa cicli di affreschi di notevole interesse storico ed artistico. Quelli più antichi, posti nelle vele delle volte a crociera che sovrastano il transetto, risalgono al XIII secolo: particolarmente suggestiva è la loro visione d'insieme con le decorazioni significato proposto per gli affreschi sarebbe la rappresentazione allegorica dei vari momenti della vita dell'uomo.

Queste figure in grisaglia sulle volte sopra il presbiterio e il vano laterale nord presentano caratteristiche tardoromaniche su sfondi a scacchiera, a rombi o a strisce si distinguono primitive rappresentazioni forse derivate da modelli paleocristiani (miniature): il cavallo e il lupo come simboli della vittoria e delle tentazioni della vita terrena; il fabbro e il gallo quali allegorie di quella ultraterrena; infine per significare l'immortalità, il leone che combatte il serpente, e il pavone. Altra ipotesi interpretativa li ricollega agli antichi simboli della giurisdizione civile e penale del Comune di Milano.

L'Ultima Cena, San Cristoforo e San Pietro risalgono al periodo gotico, fine del XIV secolo. La maggior parte degli affreschi fu eseguita nei decenni attorno al 1500: si riconosce la scuola pittorica di Cristoforo da Seregno grazie alle caratteristiche incorniciature a traforo; le due Crocifissioni e le disparate figure di Santi denotano uno stile più popolaresco.

Gli affreschi nell'abside e nel presbiterio sono opera della scuola di Antonio da Tradate (che tenne bottega a Locarno), in particolare il Cristo in Maestà e le due scene tratte dagli Atti degli apostoli, iconograficamente molto valide. Le pitture sull'arco trionfale e sui due archi laterali palesano la maniera di Giovanni Battista Tarilli (1549-post 1614) di Cureglia o della sua bottega, della fine del secolo XVI, così come le figure degli apostoli sui due pilastri antistanti il presbiterio.

Particolare attenzione meritano le Storie della vita di San Carlo Borromeo, dipinte da Alessandro Gorla (1560-1630) nel 1620 circa: la rappresentazione della Cerimonia di chiusura del Concilio di Trento in presenza del Santo è circondata da riquadri di vario formato commentati da iscrizioni e con Scene della giovinezza, dell'operato e della morte del cardinale milanese.

Nella chiesa si conservano frammenti scultorei romanici, forse appartenuti ad un precedente edificio di culto: una figura virile frontale, due animali fantastici e un pilastrino coronato da una pigna, forse un frammento di cattedra o di pluteo; un capitello con due teste angolari, forse del secolo XI, rimesso in opera quale acquasantiera a lato del portale sud. Sopra il portale ovest si trova la cantoria barocca, con dipinti rustici del 1726, che durante il restauro fu ridotta alla sola parte centrale. L'altra acquasantiera è datata 1526.

Nella parete della navata laterale destra si apre la cappella Pellanda, poligonale, la cui pietra inaugurale è datata 1600, realizzata su richiesta del cavaliere Giovanni Battista Pellanda di Biasca. Sopra l'accesso: stemma di famiglia e due statue allegoriche in stucco; sulla volta e sulle pareti: stucchi tardorinascimentali con angeli dipinti e simboli mariani; grandi oli su tela di Camillo Procaccini raffiguranti San Domenico di Guzmán al cospetto della Madonna, la Madonna del Rosario e la Messa di San Carlo Borromeo, della fine del XVI-inizio del secolo XVII.

La Via Crucis

Le Cappelle della suggestiva Via Crucis furono erette nel 1742, restaurate e ristrutturate negli anni 1990-1993 con l'aggiunta di una serie di mosaici eseguiti da Giuseppe Bolzani (nato nel 1921), Max Läubli (nato nel 1932), Giancarlo Tamagni (nato nel 1940) e Mauro Valsangiacomo (nato nel 1950) negli anni 1996-1997. 

Pubblicazioni

La versione cartacea completa è disponibile presso la Parrocchia.